Il termine “fallimento” viene da sempre osservato sotto diversi punti di vista quali ad esempio, nella sua accezione lessicale, per fallimento, s’intende ciò che abbia esito negativo, un insuccesso, e quindi ciò per cui si è sostanzialmente “perso”.
Giuridicamente parlando, il termine fallimento fa invece riferimento a quella condizione d’insolvenza dell’imprenditore, oramai divenuta cronica, o più correttamente, irreversibile – leggasi irrisolvibile – la quale porta all’ultimo stadio del ciclo di vita aziendale, conseguenza di una crisi non risolta, e che mira alla liquidazione del proprio patrimonio ed alla successiva chiusura.
Dall’unione di questi diversi punti di vista, si è originata (la prima) Legge Fallimentare nel 1942, R.D. 16 marzo 1942, n. 267.
In tale periodo storico, si vedeva quindi al fallimento dell’imprenditore come ad un insuccesso, tale per cui l’imprenditore, dopo aver “perso” nella sua idea imprenditoriale, era giusto e doveroso che, doveva chiudere in quanto “fallito”.
Trattasi della naturale impostazione di periodo, la quale, nonostante sia passato quasi mezzo secolo dall’origine e nonostante innumerevoli modifiche e/o riforme all’originario testo di Legge, sostanzialmente è rimasta invariata. Ciò ha comportato quindi un paradosso sempre più evidente secondo il quale sistema economico viaggiava verso una direzione, mentre il sistema giuridico verso altre, o meglio, quest’ultimo era rimasto ancorato ad una visione prettamente vetusta, non uniformandosi e non percependo minimante i costanti mutamenti del sistema.
Ciò sostanzialmente sino al 2019, anno di emanazione (ma il cui lavoro è iniziato addirittura nei primi anni del 2000) del nuovo Codice della crisi della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs 14/2019).
Tale codice è il frutto di alcune prese di coscienza in un argomento così delicato, in particolar modo ci è resi conto di come, allo stato attuale ed in una condizione di totale incertezza del sistema economico, quale stiamo vivendo, la crisi d’impresa, viene vista come una normale fase della vita aziendale, al pari della crescita o della fase di “stagnazione”, e quindi da non vedere assolutamente come negativa.
Si è capito inoltre che, la crisi d’impresa, non rappresenta un imprenditore che fallisce, non è una sconfitta personale, ma è una sconfitta per tutti, dai dipendenti, ai fornitori, allo Stato, i quali soggetti, spesso e volentieri, rimanevano quasi sempre insoddisfatti delle pretese avanzate. Non era quindi il singolo a fallire, ma lo era tutto il sistema economico.
E’ da questi assunti di base che ha tratto ispirazione il nuovo Codice, infatti, concentrandosi in maniera decisa, da qui il suo nome, al momento della crisi dell’impresa, piuttosto che a quello del fallimento, il quale viene relegato al solo momento in cui non è più possibile adottare le adeguate misure e soluzioni alla crisi, che si prefigge di agire con determinazione, prendendo le adeguate soluzioni al momento in cui si manifesta la crisi, stadio dove è ancora possibile agire per ribaltare la condizione e ritornare nella giusta direzione, purché vengano colti i primi segnali.
Da qui la ventata di novità portata dal tale Codice, non punire più chi ha “perso” e quindi agire alla fine ed esclusivamente per mettere un punto ed eliminare dal sistema economico “i rami secchi”, ma assistere chi è in “difficoltà” quando si è ancora in tempo per farlo, purché, la Legge sia strumento adeguato a far emergere le criticità, ma con tempestività, analizzarle, capirle e risolverle quando è ancora possibile farlo.
Quindi, entrando nel merito, le principali novità riguardano:
- la sostituzione del termine “fallimento” con l’espressione “liquidazione giudiziale”;
- si adotta un unico modello processuale per l’accertamento dello stato di crisi o di insolvenza del debitore con caratteristiche di particolare celerità;
- si assoggetta ai procedimenti di accertamento dello stato di crisi o insolvenza ogni categoria di debitore, persona fisica o giuridica, ente collettivo, consumatore, professionista o imprenditore esercente un’attività commerciale, agricola o artigianale, con esclusione dei soli enti pubblici;
- si prevede di dare priorità alla trattazione delle proposte che comportano il superamento della crisi assicurando la continuità aziendale.
Una delle innovazioni più significative ed interessanti ha ad oggetto l’introduzione della “procedura di allerta e di composizione assistita della crisi” che mira a:
▪ anticipare l’emersione della crisi di impresa;
▪ costituire uno strumento di sostegno diretto ad analizzare le cause della sofferenza economica e finanziaria dell’impresa, a tal fine vengono previsti due tipologie di strumenti:
- Gli strumenti di allerta, distinguendosi tra oneri di segnalazione posti a carico di alcuni soggetti qualificatied obblighi organizzativi posti a carico dell’imprenditore con la funzione di rilevare tempestivamente la crisi dell’impresa e sollecitare l’adozione delle misure più idonee alla sua composizione e:
- Gli indicatori della crisi, quali squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore
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