Solitamente, al ricevere di un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, le prime domande che si sottopongono al Commercialista è: posso presentare ricorso? E, quanto tempo ho?
Effettivamente, per chi è estraneo all’argomento, particolarmente intrecciato quale quello del “Contenzioso Tributario”, riuscire, senza l’ausilio di un Professionista specializzato, a muoversi in questo groviglio di norme, non risulta sicuramente agevole ed immediato.
La disciplina del Contenzioso Tributario, infatti, risalente al 1992, rimanda al Decreto Legislativo n. 546/1992.
Tale D.Lgs rappresenta il vero vademecum cui fare affidamento per capire il come ed il quando muoversi nei ricorsi tributari, pertanto, oltre che dettare le modalità e le tempistiche, esso prevede anche come eventualmente risolvere la controversia mediante una Conciliazione tra le parti senza continuare il ricorso, o trovare una mediazione senza iniziare l’iter del ricorso.
Tuttavia, leggere Il Decreto legislativo da solo, come spesso avviene nel nostro Paese, può non risultare sufficiente, dato che a sua volta esso è corredato da un insieme di successive leggi, nonché da innumerevoli sentenze della Cassazione cui far riferimento.
Nello specifico però, se la premura è fare chiarezza sul quali siano gli atti impugnabili, ed in quale termine, corrono in nostro aiuto gli articoli numeri 19 e 21 del sopracitato Decreto Legislativo.
QUALI SONO GLI ATTI CUI POSSO PROPORRE RICORSO?
L’articolo 19, rubricato: “Atti impugnabili e oggetto del ricorso”, fa chiarezza, mediante un esaustivo elenco, sugli atti quali è possibile proporre ricorso.
Infatti stando a quanto riportato dal suddetto articolo, sono impugnabili: a) l’avviso di accertamento del tributo, b) l’avviso di liquidazione del tributo, c) il provvedimento che irroga le sanzioni, d) il ruolo e la cartella di pagamento, e) l’avviso di mora, e-bis) l’iscrizione di ipoteca sugli immobili, e-ter) il fermo di beni mobili registrati, f) gli atti relativi alle operazioni catastali, g) il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti.
Tale articolo, al secondo comma riporta inoltre un dettato fondamentale, ovvero che tali atti devono contenere l’indicazione del termine entro il quale il ricorso deve essere proposto nonché della Commissione Tributaria competente. Il solo mancare di uno di tali dati, pertanto, renderebbero l’atto NULLO.
QUANTO TEMPO HO, QUINDI, PER PROPORRE RICORSO?
Inquadrati gli atti impugnabili, non rimane altro che capire quanto tempo ho a disposizione per evitare che l’atto divenga definitivo.
Tale domanda è risolta grazie all’articolo 21 del D.Lgs, rubricato: “Termine per la proposizione del ricorso”.
Stando al disposto dell’articolo 21, il ricorso tributario deve essere proposto infatti, mediante notifica, entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato. Lo sforare del termine renderebbe inammissibile il ricorso stesso.
Il ricorso tributario deve essere sempre introdotto dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, qualora la sentenza che ne deriva risulti essere sfavorevole è possibile impugnarla presentando formale ricorso in appello presso la Commissione Tributaria Regionale. Anche in questo caso, il termine è di sessanta giorni dalla notifica della sentenza.
E’ inoltre importante evidenziare che, per le cause aventi valore della lite superiori ad € 3.000, il ricorrente deve farsi assistere da assistenza tecnica abilitata, ricomprendendo quindi nella lista delle figure abilitate quella del Dottore Commercialista, iscritto nella sezione A dell’Albo.
Per saperne di più: info@studiosinergie.it
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